Recupero delle liste di attesa, ecco perché faranno festa soprattutto i privati

Leggiamo sui quotidiani del piano sul recupero delle liste
d’attesa che l’assessore Riccardi ha predisposto, ma di cui la responsabilità 
finale ricade ovviamente sul Presidente Fedriga e cosa capiamo? Che la pandemia
ha sconquassato il sistema e che ci sono migliaia di prestazioni e interventi
da recuperare. Quale la ricetta? Ovviamente dare più risorse. Fin qui tutto
logico, ma vediamo come impatterà  sul sistema. I soldi messi a disposizioni
nella legge di assestamento di bilancio, mai stato così ricco, un miliardo di
euro, sono dieci milioni per le prestazioni aggiuntive.
Si tratta di prestazioni, come dice la parola, aggiuntive al
servizio ma anche allo straordinario che normalmente, seppur sia un ossimoro lo
straordinario-normale, il personale faccia per garantire il Lea (livello
essenziale di assistenza) che il sistema deve garantire. Quindi, chiediamo a
questo personale di lavorare, a 50 od 80 euro all’ora (sicuramente bei soldini)
oltre a quello che già  fanno sapendo, però, quante ore di straordinario e
richiami in servizio devono ancora recuperare, di ferie che non riescono a
fare, e si pensa di iniziare in un periodo in cui si accorpano i servizi per
garantire quei famosi 15 giorni di ferie estive necessari per il recupero
psico-fisico di questi lavoratori o lavoratrici. Come se non bastasse, questi
soldi non saranno rivolti genericamente al personale che darà  ore in più, ma
solo per alcune professioni.
Ora, pensiamo davvero che questo personale potrà  avere la
forza di sciogliere il nodo delle liste d’attesa? Certo, qualche turno sarà 
fatto, ma non sarà  risolutivo del problema. Pertanto, è facilmente supponibile
che la maggior parte delle risorse sarà  fruita dal privato accreditato che
sembra l’ultima istanza, ma che in realtà  sarà  il principale beneficiario.
Pertanto, i soldi pubblici, che dovrebbero entrare nel sistema pubblico, se ne
vanno al privato: non è certo un regalo, in cambio otteniamo una serie di
prestazioni, ma i soldi pubblici del capitolo sanità  dovrebbero essere spesi
per rafforzare la sanità  pubblica. Poi leggiamo che si potranno assumere
professionisti a tempo determinato, con collaborazione continuata o a partita
Iva.
Intanto iniziamo a ricordare che i nostri Amministratori,
Fedriga e in subordine Riccardi, hanno scelto di mettere un limite di spesa ai
contratti di lavoro flessibili. Non c’è una norma nazionale, è una scelta
autonoma. Infatti, in Asugi la Fp Cgil, con altre due sigle sindacali, ha
portato l’azienda dal Prefetto per evitare che questi lavoratori e lavoratrici
a tempo determinato siano rimandati a casa. Quelle figure che tanto si cercano
noi le abbiamo, ma ci permettiamo il lusso di mettere un tetto alla spesa di
quel tipo di contratto e mandarli a casa, come se non servissero al sistema.
Poi ci sono i liberi professionisti: se durante la pandemia non si poteva
andare troppo per il sottile, adesso la situazione è diversa. Perché scegliere
di assumere in questo modo? Come se i pronto soccorso esternalizzati non siano
sufficienti. Non ci si limita a fare uscire parti dal sistema pubblico verso il
privato (prestazioni diagnostiche, visite ecc.), ma si persevera nel far
entrare il privato nel Ssr per minarlo alle fondamenta. Fra questi
professionisti ci sono persone che erano dipendenti del Ssr e torneranno a
lavorare ricevendo un compenso molto più favorevole. Questo non farà  altro che
stimolare altri professionisti a tentare quella strada.
Non è questo il modo per prendersi cura del personale del Ssr,
di convincerlo a restare nel perimetro del servizio pubblico che ha
quell’enorme valore aggiunto di essere il mezzo per garantire i diritti sociali
a tutte le persone in maniera universalistica. Non dimentichiamo mai che il
sistema sanitario nazionale, e regionale, è la più grande conquista democratica
che è stata raggiunta anche grazie alla partecipazione popolare.

Orietta Olivo, segretaria generale Fp Cgil Fvg