Uti e personale, si rischia il corto circuito

A due anni di distanza dall’approvazione della Legge regionale 26/2014 e dopo numerose modifiche che ne hanno stravolto gli obiettivi, i tempi di costituzione e di avvio, possiamo affermare che le Uti iniziano a prendere forma e consistenza, fra luci ed ombre. La nostra attenzione si focalizza, in particolare, sull’Uti del Friuli Centrale che comprende i Comuni di Udine, Campoformido, Pozzuolo del Friuli, Pradamano, Tavagnacco e Tricesimo e che quindi si appresterebbe a fornire la prima tranche di servizi ai circa 150.000 cittadini che risiedono nel territorio.
Le maggiori preoccupazioni che abbiamo riguardano in primo luogo la deficitaria situazione degli organici; infatti in tutti i comuni e in tutti servizi coinvolti la lacuna maggiore è nella carenza ormai cronica di personale. Il blocco del turnover ha di fatto ridotto le dotazioni organiche dei comuni rendendo molto critica l’erogazione dei servizi e non sarà  certo con le Uti che la situazione migliorerà , anzi, proprio con l’aggregazione la situazione sarà  ancor più problematica.
Per dare l’idea del prossimo scenario al quale stiamo andando incontro, prendiamo ad esempio la funzione della polizia locale; il futuro Corpo di Polizia Locale dell’Uti Friuli Centrale sarà  costituito con un organico di circa un centinaio di operatori provenienti dai sei comuni costituenti l’Uti, la maggior parte ovviamente da quello di Udine (che, di fatto, esporterà  risorse senza avere proporzionali benefici in cambio);  l’attuale normativa regionale in materia prevede che vi sia un operatore di polizia locale ogni mille abitanti, conseguentemente se gli operatori sono cento e la popolazione complessiva è di 150.000 abitanti è di tutta evidenza che l’organico è sottodimensionato e quindi non sarà  sufficiente a garantire efficacemente i servizi,  a partire dal presidio del territorio, fino alla sicurezza in occasione di manifestazioni sia sportive, vedi partite campionato di serie A, che di altra natura, quali Friuli doc o sagre paesane, per non parlare dei servizi ordinari quali ad esempio i pattugliamenti serali-notturni (oggi garantiti solo nel Comune di Udine) e delle probabili sperequazioni nelle turnazioni relative alle giornate festive (che nella fase iniziale penalizzeranno certamente la città  e i lavoratori di Udine).
Ovviamente questo non è l’unico servizio in sofferenza, basti pensare ai servizi sociali che, pur venendo già  da un’esperienza di gestione in forma associata, l’Ambito Socio Assistenziale, si trova e continuerà  a gestire i servizi in perenne emergenza a causa di un organico ridotto all’osso e composto in buona parte da personale a tempo determinato, con conseguenti ritardi e disagi che ricadranno sia sui cittadini bisognosi, ma anche sul personale stesso che sarà  gravato da maggiori carichi di lavoro e minori disponibilità .
Non parliamo poi delle criticità  di tutti i vari servizi da trasferire: tributi, gestione del personale, servizi informatici, sportello unico ecc., non per minore importanza, ma semplicemente perchè si trovano nella medesima situazione di carenza di risorse umane.
A questo va aggiunto il fatto che in diversi Comuni il personale non svolge soltanto un singolo servizio, ma ha funzioni polivalenti e quindi non sempre sarà  possibile assegnare questo personale all’Uti. È quindi  legittimo aspettarsi che i servizi subiscano una scadimento e vadano, visti i numeri, a gravare sui già  ridotti dipendenti provenienti dal Comune di Udine e sulle poche unità  che potranno provenire dagli altri Comuni.
Riteniamo che proprio in riferimento alle disomogeneità  e alle complessità  tra le varie realtà  comunali che formeranno il nuovo Ente si sarebbe dovuti partire da un progetto e un piano organizzativo dettagliato e soprattutto condiviso, coinvolgendo i lavoratori e non calando dall’altro tempi e modalità , che saranno sicuramente fonte di disagi, disparità  e sperequazione tra cittadini dei vari comuni e anche tra i vari lavoratori.
La Fp Cgil di Udine è contraria non alle Uti in quanto tali, ma a processi oggettivamente improvvisati, dei quali denunciamo la mancanza di informazione sullo stato di attuazione dei trasferimenti (o come detto da qualcuno della “cessione di ramo d’azienda”!) e di vero coinvolgimento in questa “rivoluzione” delle parti sociali (coinvolte solo ed esclusivamente, perchè dovuto per legge, in occasione della stesura del protocollo d’intesa, da noi siglato per responsabilità  e solo per tutelare i dipendenti da danni peggiori).
Per tutto quanto sopra, per evitare sperequazioni e disagi per i lavoratori e per fare in modo che i cittadini non debbano sopportare un peggioramento della qualità  dei servizi, chiediamo il differimento dell’entrata in Uti al 1° gennaio 2018 per tutte quelle funzioni che l’amministrazione avrebbe previsto di condividere con il 1° gennaio 2017, e questo per permettere nell’arco del prossimo anno di approntare insieme tutto quanto necessario e indispensabile a costruire un percorso partecipato che permetta un ordinato ingresso delle funzioni nelle Uti.

Roberto Boezio (Funzione pubblica Cgil Udine)