Pubblico impiego e pensionati, fronte unico per il welfare

No al taglio dei fondi per l’assistenza ai non autosufficienti, no al blocco del personale in sanità, negli ambiti distrettuali e nei Comuni. Sale la protesta dei sindacati dei pensionati e del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil contro i tagli previsti dalla Finanziaria regionale 2010. «Invece di aumentarla com’era nelle aspettative – denunciano le segreterie regionali di Spi, Fnp e Uilp – la dotazione del Fondo per l’autonomia possibile è scesa dai 21,9 milioni del 2009 a 21 per il 2010, nonostante l’aumento dei non autosufficienti e le migliorie introdotte dal nuovo regolamento definito a settembre scorso, ma non ancora approvato. Chiediamo che quelle migliorie siano rese esigibili subito e che la quota del Fondo nazionale per la non autosufficienza assegnata al Fvg, pari a 9,2 milioni di euro, sia totalmente destinata al Fap o che, in mancanza di trasferimenti da parte dello Stato, sia la Regione a farsene carico».
La doppia mannaia calata sui servizi pubblici dalla Giunta Tondo, con i tagli alle risorse destinate agli enti locali ed alle aziende sanitarie e con il divieto di sostituire il personale della sanità e degli enti locali che andrà in pensione nel 2010 e nel 2011 (ad eccezione di 2 sole unità su 10), affermano i sindacati del pubblico impiego, «porteranno al collasso della sanità, dell’assistenza agli anziani, ai minori e alle persone diversamente abili, senza dimenticare la sorveglianza sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, già del tutto insufficiente». Nei due anni, secondo Fp-Cgil, Fps-Cisl e Fpl-Uil, verranno meno oltre 2.000 lavoratori solo nella sanità, nelle corsie degli ospedali e nei distretti. Situazione simile nei Comuni e nei servizi sociali (asili, assistenza, ecc.). «Inoltre – proseguono – l’obbligo per i Comuni di provare la strada dell’appalto, prima di sostituire il personale cessato, spinge alla privatizzazione dei servizi, a danno del sistema pubblico, il solo che può garantire gli stessi diritti a tutti i cittadini, a cominciare dai meno abbienti.
Per sostenere le proprie rivendicazioni, i sindacati dei pensionati e del settore pubblico allestiranno assieme dei gazebo dal 17 al 19 febbraio. Oltre all’incremento dei fondi del Fap ed al ripristino del turnover del personale sanitario e assistenziale, i sindacati chiedono l’avvio del processo di riqualificazione delle case di riposo, atteso da oltre dieci anni, il nuovo regolamento per i centri diurni e di migliorare gli standard e la qualità dei servizi erogati.  «Per farlo – sostengono – è necessario attivare e mettere a regime la vigilanza e avviare un programma straordinario di formazione per gli oltre duemila operatori che non dispongono di alcuna qualificazione».
Riguardo alle rette delle case di riposo e dei centri diurni, i sindacati denunciano i continui aumenti a carico delle famiglie. «Nonostante i fondi per l’abbattimento delle rette siano stati incrementati di 8,6 milioni – affermano Spi, Fnp e Uilp – le famiglie si ritroveranno al punto di partenza. Occorre cambiarle, ponendo i costi dell’assistenza a totale carico del sistema sanitario regionale e collegando l’abbattimento delle rette alla gravità della non autosufficienza». Su questa e sulle altre questioni aperte i sindacati dei pensionati ribadiscono la richiesta dei tavoli di confronto da aprire urgentemente con l’assessorato, per discutere anche nuovi criteri di compartecipazione degli utenti ai costi dei servizi domiciliari, dei centri diurni e delle case di riposo. «Compartecipazione – sottolineano le segreterie – da commisurare alla gravità della non autosufficienza e al reddito Isee, salvaguardando il benessere delle famiglie e prevedendo controlli più severi per scoraggiare abusi e false dichiarazioni, evitandoe che i contribuenti infedeli possano fruire di agevolazioni non dovute».
Fp-Cgil, Fps-Cisl e Fpl-Uil, infine, denunciano il rifiuto da parte della Giunta di rinnovare i contratti del comparto unico e della sanità, oltre ai tagli sulle risorse per il miglioramento dei servizi, «scelte che penalizzano gravemente il diritto degli operatori ad ottenere aumenti dignitosi dopo anni senza contratto».