Epifani in Fvg: il Governo cambi politica economica

«Lo sciopero generale? Sarei contento di non farlo, se il Governo decidesse di ascoltare le nostre proposte contro la crisi. Ma se la scelta che ci annunceranno lunedì sarà quella di destinare 2 o 4 miliardi per qualche intervento tampone, queste mance non saranno sufficienti a farci cambiare idea. In questo caso sarà importantissimo aderire in massa e riempire le piazze. Quelle piazze che nelle scorse settimane, grazie alla mobilitazione degli studenti e di tutto il mondo della scuola, hanno visto uno straordinario incontro di generazioni. Il Governo faccia attenzione a sottovalutare questa protesta e a dire che gli studenti sono strumentalizzati dalla Cgil: strumentalizzare i giovani è impossibile, la verità è che stiamo parlando lo stesso linguaggio. Non così il Governo, ma mettersi contro i giovani vuol dire mettersi contro il futuro del Paese». 
Parole forti, quelle pronunciate da Gugliemo Epifani a Udine, dove il segretario generale ha concluso un’affollatissima assemblea di delegati della Cgil Friuli Venezia Giulia, di fronte a una platea di almeno 600 persone. No a interventi palliativo. Questo il messaggio di Epifani, che chiede al Governo «un progetto di politica industriale e il ritiro dei tagli su scuola, università, pubblico impiego: «Perché aggiungere tagli ai tagli significa peggiorare il livello dei servizi garantiti alle persone e lasciare inermi di fronte alla crisi i soggetti più deboli».
Nella lista delle priorità invocate dalla Cgil innanzitutto la riduzione delle tasse su salari e pensioni: «Nonostante la crisi – ha detto – lavoratori dipendenti e pensionati garantiranno all’Irpef, alla fine del 2008, 13 miliardi di euro di tasse in più rispetto al 2007. è troppo chiedere di restituire loro una parte di quei soldi?». Ma non basta: indispensabile anche l’estensione degli ammortizzatori sociali alle centinaia di migliaia di precari, «che stanno perdendo qualsiasi fonte di reddito», il congelamento della Bossi-Fini per gli immigrati che perdono o perderanno il posto di lavoro, politiche di sostegno ai settori in crisi. «Il Governo francese – ha spiegato Epifani – ha deciso di stanziare 20 miliardi di euro per difendere dieci settori industriali considerati strategici. Segno che non basta mettere in campo risorse, bisogna anche decidere bene come impiegarle, altrimenti si rischia di confondere i fini con i mezzi».
Tra gli interventi da mettere in campo, secondo la Cgil, non va esclusa l’eventualità di aiuti di Stato al settore dell’automobile: «Purtroppo non ci troviamo di fronte alla crisi di una singola azienda, ma a una crisi di portata internazionale. Buona parte della componentistica per l’industria automobilistica tedesca, tra l’altro, è fornita da aziende del Nord Italia. In ogni caso parliamo di un mercato che ovunque si trova avanti agli stessi problemi: se Stati Uniti e Germania decideranno di varare aiuti di stato nei confronti delle loro case automobilistiche, quindi, credo che il Governo italiano non potrà tirarsi indietro».
Un progetto per affrontare la crisi. Questo, in sostanza, ciò che la Cgil chiede al Governo. Ma le risposte ricevute sin qui, secondo Epifani, sono state negative, né sono prevedibili cambiamenti di rotta. «Manca un’idea generale, senza la quale questa crisi rischia di generare soltanto divisioni: giovani contro vecchi, pubblici contro privati, italiani contro stranieri, lavoratori a tempo indeterminato contro precari. Divisioni che le politiche del Governo, purtroppo, stanno contribuendo ad alimentare». Anche all’interno del mondo sindacale: «Il Governo sbaglia a volerci dividere: questo non è un bene per il Paese e nemmeno per le imprese. Con questa scelta l’esecutivo si assume una gravissima responsabilità, anche nei confronti di se stesso: ogni volta che ha lavorato per dividere il sindacato, infatti, ha finito per rimetterci».
Sempre in tema di rapporti con Cisl e Uil, Epifani ha ribadito le ragioni che hanno portato la Cgil a non firmare prima il contratto del commercio, poi il protocollo sui rinnovi nel pubblico impiego. «I risultati quantitativi ottenuti non erano proporzionali alle concessioni che ci sono state chieste sul versante delle regole. Sul commercio è stato reso obbligatorio il lavoro domenicale e si sono peggiorate le regole sugli apprendisti. Se sono questioni di poco conto, come ha affermato qualcuno, ci devono spiegare perché non ci hanno accontentato. Quanto al pubblico impiego, sono Cisl e Uil a dover spiegare perché hanno firmato a ottobre quello che avevano respinto a giugno. Gli aumenti ottenuti in certe categorie, penso ai bidelli, non arrivano a 40 euro lordi: in cambio non abbiamo ottenuto né la restituzione dei fondi accessori tolti dalla manovra né alcun impegno sulla conferma di decine di migliaia di precari, che dal prossimo anno perderanno il loro posto di lavoro».
L’unità sindacale, in ogni caso, resta un obiettivo da perseguire: «Lavorare per ricucire i rapporti è necessario, ma non dipende solo dalla Cgil. Dall’assemblea nazionale dei pensionati Cisl credo siano emerse posizioni interessanti».
Nell’agenda del Governo, secondo la Cgil, anche l’eventualitdi aiuà dell’automobile: «Purtroppo non ci troviamo di fronte alla crisi di una singola azienda, ma a una crisi di portata internazionale. Buona parte della componentistica per l’industria automobilistica tedesca, tra l’altro, è fornita da aziende del Nord Italia. In ogni caso parliamo di un mercato che ovunque si trova avanti agli stessi problemi: se Stati Uniti e Germania decideranno di varare aiuti di stato nei confronti delle loro case automobilistiche, quindi, credo che il Governo italiano non potrà tirarsi indietro».Un progetto per affrontare la crisi. Questo, in sostanza, ciò che la Cgil chiede al Governo. Ma le risposte ricevute sin qui, secondo Epifani, sono state negative, né sono prevedibili cambiamenti di rotta. «Manca un’idea generale, senza la quale questa crisi rischia di generare soltanto divisioni: giovani contro vecchi, pubblici contro privati, italiani contro stranieri, lavoratori a tempo indeterminato contro precari. Divisioni che le politiche del Governo, purtroppo, stanno contribuendo ad alimentare». Anche all’interno del mondo sindacale: «Il Governo sbaglia a volerci dividere: questo non è un bene per il Paese e nemmeno per le imprese. Con questa scelta l’esecutivo si assume una gravissima responsabilità, anche nei confronti di se stesso: ogni volta che ha lavorato per dividere il sindacato, infatti, ha finito per rimetterci».Sempre in tema di rapporti con Cisl e Uil, Epifani ha ribadito le ragioni che hanno portato la Cgil a non firmare prima il contratto del commercio, poi il protocollo sui rinnovi nel pubblico impiego. «I risultati quantitativi ottenuti non erano proporzionali alle concessioni che ci sono state chieste sul versante delle regole. Sul commercio è stato reso obbligatorio il lavoro domenicale e si sono peggiorate le regole sugli apprendisti. Se sono questioni di poco conto, come ha affermato qualcuno, ci devono spiegare perché non ci hanno accontentato. Quanto al pubblico impiego, sono Cisl e Uil a dover spiegare perché hanno firmato a ottobre quello che avevano respinto a giugno. Gli aumenti ottenuti in certe categorie, penso ai bidelli, non arrivano a 40 euro lordi: in cambio non abbiamo ottenuto né la restituzione dei fondi accessori tolti dalla manovra né alcun impegno sulla conferma di decine di migliaia di precari, che dal prossimo anno perderanno il loro posto di lavoro». L’unità sindacale, in ogni caso, resta un obiettivo da perseguire: «Lavorare per ricucire i rapporti è necessario, ma non dipende solo dalla Cgil. Dall’assemblea nazionale dei pensionati Cisl credo siano emerse posizioni interessanti».

Concluso l’attivo, Guglielmo Epifani è partito per Trieste, per partecipare al convegno “Andare altrove. Storie di passaggi e di lavoro ad Est del Nord est”, organizzato dalla Cgil regionale e provinciale, in collaborazione con l’istituto Livio Saranz, nella sala grande della Camera di Commercio, in piazza della Borsa.