Divieto di assemblea, un decreto tragicomico

La vicenda del decreto post assemblea al Colosseo ha del grottesco! I lavoratori esercitano un diritto normale, innocuo come il riunirsi in assemblea preavvisando con giorni di anticipo (diritto riconosciuto peraltro per sole 10 ore annue!) e scoppia il finimondo.
In un paese normale, il ministro si siederebbe al tavolo con i rappresentanti sindacali a discutere delle aperture e chiusure dei servizi museali. Non l’ha fatto, non lo vuole fare, perché? Perché una volta esternata la sua stizza derivante dalla chiusura del Colosseo, avrebbe dovuto rispondere a due semplici domande: il numero dei addetti è sufficiente a garantire le aperture “sempre”? i lavoratori sono pagati e magari puntualmente, per l’attività  che svolgono? La risposta è no per entrambe le domande, 10 anni di blocco del turn over sostanzialmente totale hanno ridotto all’osso gli addetti e tutto quanto non è salario di base come straordinari, lavoro domenicale, lavoro festivo, ecc viene pagato con 9 mesi, a volte più di un anno di ritardo dalla data della prestazione, come ben sa chi lavora in quei servizi ma anche ad esempio sanno bene i vigili del fuoco. Il consiglio dei ministri no, non lo sa”¦o finge di non sapere! E allora fuori il nuovo specchietto per le allodole, vietare le assemblee dei lavoratori.
E proseguiamo, stessa storia ad Aquileia, si deve arrivare a settembre per accorgersi che non si riesce a garantire le aperture domenicali per tutto l’anno? No, lo si sa da ben prima ma si preferisce far scoppiare il caso, tentando di colpevolizzare i lavoratori.
Ora quindi, il Presidente del Consiglio ci dice che la cultura è un servizio essenziale nel nostro paese, ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate: servizio essenziale? La cultura? Dopo il massacro che stanno facendo dell’istruzione con la Buona Scuola? Corregga il tiro, la parte commerciale della cultura è un servizio essenziale per il nostro paese e sono pure d’accordo su questo ma se è commerciale va trattata sotto questo aspetto. Mi vuoi al lavoro sempre? Devi retribuire il mio lavoro. Del resto qualcuno dirà , se vogliamo i negozi aperti tutte le domeniche perché si possa comperare cose essenziali come l’ambipur per l’auto o una scatola di pennarelli colorati senza dover aspettare il lunedì, perché non i musei. Certo, allora torniamo lì, orario di lavoro, retribuzione, numero adeguato di addetti, contrattazione e invece no, decreti!
Lo stato non cura e protegge il suo patrimonio, come la Costituzione gli imporrebbe di fare e il governo vuole scaricare la colpa delle sue mancanze su chi lavora. Incuria: non parlo di Pompei basta guardare a casa nostra. Ricordate ad esempio tutta la bagarre sulle condizioni disastrose del sacrario di Redipuglia e l’ossario di Oslavia? Lo stato preferisce imporre distrazioni del pensiero piuttosto che soluzioni, per questo calpesta un diritto basilare come il riunirsi in assemblea e lo fa con un decreto (sarebbe corretto rinominarlo regio decreto), non con una contrattazione. E ci esterna indisturbato, ora trattiamo i musei come i servizi essenziali.  d esempio come la sanità ? Forse non è noto che negli accordi sui servizi minimi da garantire in caso di sciopero, sono previste più persone in servizio che nella normale turnistica di ogni giorno! Se adattiamo questo alle assemblee nei musei, magari sarà  la volta buona che si fa qualche nuova assunzione. In sanità  non è successo così, dove ancora mancano all’appello centinaia di infermieri, però magari i musei sono un servizio commerciale e non più culturale e quindi qualche euro si può investire.
E finalmente si cambia, ci dicono ancora una volta, si riducono i costi dello stato. Coloro che plaudono sterilmente a questa affermazione general generica, sanno che la riduzione prima che dei costi è dei servizi? Non lo sanno? Vengano martedì 22 in assemblea in Prefettura a Pordenone, una delle 23 che il governo chiude per “ridurre i costi”, e con la Prefettura spariranno la questura, il comando dei vigili del fuoco. Magari si fanno un’idea della situazione e smettono di applaudire “a vanvera”. E sempre questi, sanno che ad esempio il comparto unico del Fvg ha perso dal 2009 ad oggi il 12% di addetti formichine, quelli che danno i servizi direttamente all’utenza, mentre la dirigenza ha subito un calo del “solo” 7% nello stesso periodo e che con le creazione delle UTI ci saranno 17 direttori generali ex novo che andranno a ridurre quel -7%. Ma a fronte di qualche direttore generale in più molto probabilmente avremo qualche impiegato agli sportelli in meno, perché la norma prevede che l’UTI deve fare risparmi entro poco tempo dalla sua istituzione.
Per tutti questi motivi è profondamente sbagliato e fuorviante giudicare la vicenda del decreto post assemblea Colosseo come fine a se stessa o dire che possono fare le assemblee fuori orario (il Colosseo mica è aperto solo di mattina): bisogna inquadrarla in un contesto più ampio, quello della spoliazione strisciante e continua di servizi ai cittadini. Non mi stanco mai di chiedere se come cittadini, dopo anni di privatizzazioni, vediamo migliorati i servizi che il pubblico dovrebbe garantirci. E non parlo ovviamente solo delle aperture dei musei.Si apre una nuova fase di tagli e riduzione dei servizi, con l’aggravante che saranno imposti con regi o imperiali decreti, specchietti per le allodole che nascondono un sottile e strisciante uso di violenza e sopraffazione nei confronti dei cittadini, di imposizione non di discussione e confronto.
I diritti ci sono ma coperti da un burka, resi invisibili e impraticabili nel concreto, i diritti dei lavoratori certo ma ancor di più i diritti dei cittadini. Perché in questi anni il numero di lavoratori del pubblico è sceso in modo verticale, gli stipendi sono fermi al 2009 eppure la spesa pubblica cresce, non sarebbe ora di vedere realmente quali sono le cause e agire su queste? Invece preferiscono creare il caso e sfruttarlo per imporre decisioni, cervelli che non vogliono o che non possono, cervelli sterili, impotenti. Non chiederò un minuto di silenzio per ogni servizio ridotto o perso in questi anni, dietro il paravento del “fannullone”, dovremmo stare in silenzio per un tempo troppo lungo, però ritengo che sia sempre più urgente riaprire un dibattito vero, non solo tra gli addetti ai lavori, sui servizi pubblici e sull’impatto che hanno (o dovrebbero avere) nello sviluppo del paese e delle persone.
Mafalda Ferletti, segretaria generale Fp Cgil Fvg