Al Pronto Soccorso di Udine un epilogo annunciato. La crisi è di sistema

Dopo settimane di tensione crescente e palpabile, i problemi che da tempo gravano sul Pronto Soccorso di Udine sono giunti a un punto di rottura, nella totale assenza di interventi da parete dei vertici di Asufc e dell’amministrazione regionale. È così che sono maturate le dimissioni della facente funzione responsabile dell’unità operativa: a lei e lei e a tutti gli operatori sanitari, che hanno operato in circostanze oltre il limite dell’accettabile, va tutta la nostra solidarietà.

Pur in presenza di un significativo investimento di oltre 500mila euro in lavori di adeguamento e attrezzature elettromedicali, si è continuato invece a non investire sul personale, arrivando a un epilogo annunciato, specchio di un ambiente di lavoro sfiancante, di una programmazione insufficienti, di turni estenuanti dovuti alla carenza di professionisti pubblici e ad una scarsa integrazione del personale delle cooperative.

Quanto all’impatto degli accessi impropri, se è vero che questi sono favoriti dall’indebolimento di presidi sul territorio, a partire dai medici di base, ci si dimentica che le strutture territoriali, come i distretti o le case di comunità, devono fare un altro mestiere rispetto ai pronto soccorso e cioè occuparsi della cronicità, della presa in carico dei fragili, del raccordo con i servizi sociali, della continuità assistenziale. Tutte cose indispensabili e che ridurrebbero in generale il peso sugli ospedali, non soltanto sui reparti di emergenza.

La narrazione ufficiale sulla sanità regionale, che continua a dipingerla come un’eccellenza, viene quotidianamente smentita da una realtà più complessa, segnata dalla fuga dei medici di radiologia verso il privato, da esternalizzazioni come quelle del servizio di radiologia di Pordenone fino all’annunciato mega appalto dei punti prelievo regionali, con uno stanziamento di 89 milioni per 15 anni. Tutte gare, peraltro, gestite finora da 26 lavoratori altamente qualificati alle dipendenze di Arcs, ma che hanno presentato di richiesta di nulla osta alla mobilità verso altre amministrazioni, dal momento che da cinque anni si vedono negare gli incentivi previsti per legge.

I problemi dei reparti di emergenza sono destinati ad aggravarsi, in particolare per gli utenti della provincia di Udine, visti i paventati ridimensionamenti dei pronto soccorso territoriali di San Daniele, Tolmezzo e anche di Spilimbergo, appena oltre il Tagliamento. Ulteriori fronti critici, sul territorio provinciale e regionale, quelli dei punti nascita, dei consultori e dei servizi per la salute mentale, tutti in corso o a rischio di  ridimensionamento, mentre le fragilità e i bisogni di cura aumentano

Non siamo di fronte a casi isolati, ma a tanti sintomi di una crisi sistemica, che necessita un’attenzione immediata e azioni concrete. È imperativo, pertanto, un cambio di rotta, un ripensamento strategico per salvaguardare il diritto alle cure e la qualità dei servizi offerti dalla nostra sanità pubblica.