Sanità  Fvg, l’età  media degli addetti è 50 anni

«La Cgil ha condiviso e continua a condividere i principi ispiratori della riforma sanitaria. È evidente però, di fronte ai ritardi che ne stanno segnando l’applicazione, che per centrare gli obiettivi della legge 17/2014, a due anni e mezzo dalla sua approvazione, serve un maggior coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti, dai vertici delle aziende sanitarie ai medici di base». È quanto ha dichiarato il segretario generale della Cgil Fvg Villiam Pezzetta oggi a Udine, al termine dell’incontro sulla riforma sanitaria tenutosi in mattinata alla presenza della presidente della Regione Debora Serracchiani e dell’assessore alla Sanità  Maria Sandra Telesca.
POLITICA DEI DUE TEMPI.Al centro del confronto tra la Cgil e la Giunta, cui ha partecipato anche il segretario regionale della Fimmg Romano Paduano in rappresentanza dei medici di base, le criticità  che stanno condizionando l’iter della riforma. Una riforma, come ha spiegato la responsabile welfare della Cgil Fvg Orietta Olivo, sulla quale la Cgil chiede un’accelerazione del processo di attuazione. «La legge 17 – queste le parole di Olivo – nasce dalla volontà  di assumersi in toto la responsabilità  di un cambiamento difficile e necessario anche per la sostenibilità  economica del sistema. Per questo la Cgil l’ha sostenuta, pur avendo paventato da subito il rischio di una politica dei due tempi, che rischia di rendere più percepibili gli effetti dei tagli rispetto ai possibili vantaggi della riforma in termnini di potenziamento dei servizi territoriali, di maggiore prevenzione, di maggiori aperture degli ambulatori dei medici di medicina generale».
MEDICI DI BASE IN RITARDO. Una delle principali criticità  sottolineate dalla Cgil riguarda proprio i mancati passi avanti sul fronte del concorso dei medici di base all’attuazione della riforma. L’orario medio di apertura degli ambulatori, secondo i dati riferiti da Mafalda Ferletti, segretaria regionale della Funzione pubblica Cgil, è infatti ancora fermo a sole 3 ore al giorno per cinque giorni alla settimana, a fronte di un obiettivo di un’apertura 7 giorni su 7 e full-time previsto dalla riforma. «Questo – ha rimarcato Ferletti -nonostante i 15 milioni all’anno previsti dal nuovo accordo tra regione e medici del 2015, più del doppio delle risorse previste per il rinnovo del contratto dei quasi 20mila lavoratori del servizio sanitario regionale, fermo dal 2009». Da qui la richiesta, rilanciata da Olivo e Ferletti, di proseguire sull’inversione del trend delle assunzioni, che dopo i 1.000 posti persi dal 2010 al 2015 hanno visto per la prima volta, nel 2016, un saldo positivo di 300 posti rispetto ai pensionamenti. Solo così, per la Cgil, sarà  possibile ridurre la pressione sul personale, testimoniata su un montante annuo di 400mila ore di straordinario e 300mila giornate di ferie non godute, e rendere concreto l’obiettivo di potenziare i servizi territoriali.
L’ETÀ MEDIA È 50 ANNI. Tra i segnali positivi il varo dei Centri di assistenza primaria (Cap) – «che però andrebbero inaugurati quando effettivamente operativi, non prima», ha puntualizzato Olivo – e l’avvio del processo di riqualificazione e ricclassificazione delle case di riposo, processo che per il segretario regionale del Sindacato pensionati Cgil Ezio Medeot incontra però non poche criticità , come dimostrano le carenze si strutture e servizi ancora all’ordine del giorno all’interno di trope residenze per anziani della regione. A preoccupare la Cgil anche l’impasse delle Uti, «la cui delimitazione avrebbe dovuto coincidere con quella degli ambiti sanitari», come rimarcato dallo stesso Medeot, e invecchiamento del personale, dovuto al blocco del turnover e agli effetti della riforma Fornero. Secondo i dati forniti da Mafalda Ferletti, infatti, l’età  media del personale sfiora i 50 anni, soglia superata dal 47% dei 19.500 addetti, e gli over 60, quasi quadruplicati rispetto al 2010, rappresentano oggi l’8% del personale. Una realtà  che per la Cgil impone una nuova organizzazione del lavoro, una diversa gestione dei concorsi e l’accelerazione dei corsi di riqualificazione per i nuovi operatori socio sanitari, che procedono troppo a rilento rispetto al fabbisogno di infermieri e operatori.