Lauree mediche e infermieristiche, la Regione spinga per rivedere il numero chiuso

«La necessità  conclamata
di rafforzare la sanità  pubblica, in primis attraverso un piano
straordinario di assunzioni di medici e personale sanitario, rappresenta
uno degli assi portanti del Recovery Plan europeo e del Pnrr nazionale.
Risulta evidente, di fronte a questa priorità  messa a nudo dalla
pandemia, la necessità  inderogabile di rivedere i criteri che
attualmente disciplinano l’accesso programmato alle lauree in medicina e
per la formazione del personale sanitario». È quanto sostiene la Cgil
del Friuli Venezia Giulia, con la segretaria confederale Rossana Giacaz e
con Orietta Olivo, segretaria generale della Funzione pubblica Cgil
regionale, che condividono le ragioni della recente mobilitazione di
protesta degli studenti, scesi in piazza contro il numero chiuso.
«Numero chiuso che va abolito – sostengono Giacaz e Olivo – o quanto
meno sensibilmente rivisto, puntando a un maggiore legame tra il
fabbisogno di personale individuato dalle aziende sanitarie e dalle
Regioni e gli accessi ai corsi e uscendo, inoltre, dalla logica che lega
il fabbisogno formativo al concetto di dotazione organica consolidata
per puntare invece alla rilevazione dei bisogni di salute e allo studio
degli esiti. È sconcertante infatti che gli attuali tetti di ammissione
(vedi tabella, ndr) escludano in partenza, nella nostra regione, quasi i
due terzi degli aspiranti medici e poco meno del 60% degli iscritti
potenziali ai diplomi di laurea».
Se la competenza
legislativa in materia è nazionale, e per la precisione l’articolo 1
della legge 264/1999 (Norme in materia all’accesso ai corsi
universitari), la Cgil esorta la Regione, in particolare l’assessore
alla Salute Riccardi e il governatore Fedriga, «anche in virtù del suo
ruolo di presidente della Conferenza Stato-Regioni», a farsi interpreti
nei confronti di Governo e Parlamento dell’esigenza di «rivedere la
legge 264 individuando, assieme alle università  e alle Regioni, gli
investimenti e le modifiche organizzative necessarie per favorire un
maggiore accesso alle professioni mediche e sanitarie». Esigenza,
questa, ulteriormente rafforzata dalle pesanti e crescenti carenze di
medici di medicina generale, rimarcano ancora Giacaz e Olivo.
Già  nelle competenze
esclusive della Regione, infine, la possibilità  di intervenire anche sul
fronte degli operatori socio sanitari, «intensificando i corsi di
formazione volti all’assunzione o alla qualificazione di figure
anch’esse molto preziose sia per il funzionamento degli ospedali che per
mantenere e rafforzare gli standard dei servizi socio-sanitari sul
territorio e nelle case di riposo». Anche su questo versante, secondo la
Cgil, i numeri degli accessi ai corsi sono sensibilmente inferiori ai
fabbisogni degli ospedali e del territorio. Da qui la richiesta agli
assessori competenti, Lavoro e formazione da un lato, Salute dall’altro,
di varare da subito un piano straordinario di potenziamento della
formazione e delle assunzioni di Oss.