Fvg, il 18 marzo sciopero Cgil

Tutelare i redditi dei lavoratori e dei pensionati, difendere il ruolo della contrattazione nazionale, estendere gli ammortizzatori sociali ai lavoratori precari, rafforzare le politiche per il ricollocamento e la formazione. Queste le motivazioni dello sciopero generale proclamato dalla Cgil Friuli Venezia Giulia per mercoledì 18 marzo. L’astensione dal lavoro, che sarà di 4 ore e coinciderà con lo sciopero nazionale della scuola, è stata annunciata dal segretario Franco Belci nel corso del direttivo regionale convocato alla Camera del Lavoro di Udine: «Lo sciopero – ha detto Belci – sarà accompagnato da una manifestazione che si terrà a Udine nel pomeriggio». Il corteo partirà da piazzale Diacono e si concluderà in piazza San Giacomo, alla presenza di Enrico Panini della segreteria nazionale. «Nei programmi – ha annunciato Belci – anche un concerto che concluderà la manifestazione».
Al centro del direttivo anche l’avvio della consultazione in merito all’accordo separato sulla riforma della contrattazione, che si concluderà il 20 marzo, due settimane prima della manifestazione nazionale in programma a Roma il 4 aprile. Le assemblee nei luoghi di lavoro sono già incominciate anche nella nostra regione, e presto verranno aperte le operazioni di voto nelle sedi Cgil. Ma è soprattutto sulla crisi che si è incentrato l’intervento di Franco Belci: «La situazione – ha detto il segretario – richiede risposte in tempi rapidi non solo a livello nazionale, ma anche da parte dell’amministrazione regionale. Dopo la prima riunione del tavolo anticrisi, ci aspettiamo dal presidente Tondo la convocazione di incontri più ristretti, capaci di affrontare l’emergenza con interventi concreti e di immediata applicazione. Il ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga è un primo segnale positivo, ma bisogna varare subito misure di sostegno alla formazione e al ricollocamento dei lavoratori colpiti dagli esuberi. Su questo versante serve una legge ad hoc, che possa colmare la lacuna aperta con l’abrogazione del reddito di cittadinanza. Riteniamo insufficiente infatti l’istituzione del fondo anti-povertà, misura che tra l’altro non condividiamo perché esclude i lavoratori immigrati».
Di ammortizzatori sociali e sostegno al reddito ha parlato anche la segretaria confederale Susanna Camusso. «Dal Governo – ha dichiarato – sono arrivati finora soltanto annunci. Otto miliardi sugli ammortizzatori sociali nel biennio 2009-2010 sarebbero un intervento adeguato, ma per ora si tratta solo di una previsione, sulla quale tra l’altro l’Unione europea deve ancora pronunciarsi per la parte di propria competenza, che è quella preponderante. Il Governo dovrebbe quantomeno rendere immediatamente disponibile la sua quota per l’anno in corso, che ammonta a poco più di 1 miliardo. Le risorse attuali, infatti, non solo non consentono un’estensione degli ammortizzatori sociali alle categorie non coperte, ma nemmeno a garantire interamente le richieste di cassa integrazione già avanzate». Ma le critiche della Cgil riguardano l’intera manovra anticrisi del Governo: «Berlusconi ha parlato di 80 miliardi, secondo i nostri calcoli siamo a quota 9. Mentre gli altri Paesi si muovono tempestivamente e con risorse adeguate, il nostro Governo stanzia poco e quel poco in ritardo. Anche sull’auto, dove i ritardi nel varo degli incentivi hanno prodotto il risultato di congelare il mercato. Non a caso le vendite, già in forte flessione, sono crollate».
La Camusso è tornata anche sulla proposta di una tassa di solidarietà sui redditi al di sopra dei 150mila euro: «Francamente non comprendiamo le critiche del segretario generale della Cisl su questa proposta, che è perfettamente coerente con la piattaforma sulla politica dei redditi presentata unitariamente da Cgil, Cisl e Uil nel 2007. Naturalmente si tratterebbe di una misura temporanea e di emergenza, che nasce da una logica di solidarietà e di redistribuzione della ricchezza. I dati, del resto, dimostrano in modo inequivocabile che la forbice tra i redditi, negli ultimi anni, si è allargata ulteriormente. Non a caso altri Paesi come Stati Uniti, Francia e Germania hanno già varato misure analoghe».