Comparto unico, non è la Cgil a cambiare le cifre

Se Bonanni difende Marchionne, il segretario regionale della Cisl Giovanni Fania, nel nostro piccolo, difende Garlatti. «Per senso di responsabilità», dice.
Per quanto ci riguarda, manifestiamo lo stesso senso di responsabilità, ma preferiamo esercitarlo nei confronti dei lavoratori. Giudico gravissimo che, mentre le categorie di Cgil, Cisl, Uil, Cisal, Ugl e Csa hanno raggiunto un accordo sulla proposta sulla quale discutere con la Regione , Fania si dica disponibile (a mezzo stampa) a sottoscriverne una più bassa, già rifiutata dalle categorie stesse, unitariamente. Non solo: questa subalternità alla Regione viene giustificata col fatto che i dipendenti degli Enti locali avrebbero la quattordicesima mensilità, il che non è vero. Non mi resta che prendere atto che anche il segretario confederale della Cisl ha deciso di ballare assieme a Regione, Anci e Upi. Questione di gusti.
In quanto a Garlatti, il problema non è che la Cgil cambia continuamente le cifre: tutte le proposte, infatti, erano unitarie. A cambiare le cifre, come ammette lo stesso assessore, sono le controparti, e in ogni caso sempre al di sotto del livello minimo per noi accettabile, cioè il 3,2% di incremento tabellare sulla base di calcolo del comparto. Garlatti lo sa da una vita: il problema è che la delegazione trattante produce acrobazie logiche con argomentazioni estranee al merito della trattativa. Come è possibile infatti che un aumento del 3,2% su una base di calcolo più alta di quella del contratto nazionale dia come risultato aumenti uguali o inferiori per il Fvg? Penso che neppure un uomo di scienza come Garlatti riesca a spiegarlo. La Cgil non ha cambiato idea: vogliamo raggiungere un accordo sulla base della proposta che avevamo condiviso, e che fino a ieri era comune: si tratta di aggiungere un milione e mezzo in più, a regime, per rendere effettivo quel 3,2%. Ricordo poi a tutti che la normativa regionale prevede che la delegazione trattante possa chiudere l’accordo solo nel caso conti sul consenso delle organizzazioni che rappresentano almeno il 51% della deleghe e dei voti ottenuti alle elezioni per le Rsu. Anche per questo le fughe in avanti sono inutili e controproducenti.
Franco Belci, segretario generale Cgil Fvg